sabato 5 settembre 2009

9. Cinesi

L’homo è attestato in Cina fin dalle epoche più remote (milioni di anni), mentre il Sapiens vi ha fatto la sua prima comparsa circa 40 mila anni fa (Sabattini, Santangelo 2005: 27). A partire da 8 mila anni fa, nel fertile bacino attraversato dai due grandi fiumi (il Fiume Giallo e lo Yangtze), sono avvenuti importanti cambiamenti sociali, che hanno portato alla diffusione di villaggi stanziali, alla fondazione di città e alla costituzione di regni. Poco sappiamo di questo periodo, ma possiamo presumere che gli eventi storici non debbano essersi svolti in modo molto dissimile da quello descritto a proposito del Vicino Oriente antico. Anche i fiumi cinesi, come quelli mesopotamici, causano piene disastrose, con distruzioni e morti, e anche in Cina si avverte la necessità di cooperare al fine di produrre un’efficace azione di contenimento delle acque. Anche in Cina, circa 5000 anni fa, si assiste al passaggio da un sistema tribale a un sistema cittadino, sorgono regni, si affermano complessi apparati amministrativi, che ruotano intorno ad un potere politico centrale. Anche in Cina città e regni competono per l’egemonia, fino a quando qualcuno riesce a realizzarne l’unione e a costituire un impero. Anche in Cina si diffondono le opere letterarie e artistiche e si strutturano delle ideologie religiose. Anche in Cina la popolazione si stratifica a forma di piramide, al cui apice si staglia la figura del re o dell’imperatore, cui si attribuiscono origini divine.
La più antica cultura neolitica cinese è chiamata Yang-Shao e risale alla fine del III millennio, quando Yu il Grande fonda una dinastia, di nome Hsia (2200 – 1550 a.C.), della quale sono rimaste poche tracce.
La prima dinastia storicamente documentata è la Shang (1550-1027 a.C.), sotto la quale i cinesi inventano, a quanto pare in modo autonomo, la scrittura, probabilmente tra il 1500 e il 1300. I Shang conoscono l’uso della moneta, che può essere di diverso materiale (conchiglie, osso, rame) e di diversa forma (sciabole, campane, ecc.). La società Shang è di tipo centralizzato e duale e fa capo ad un re (wang), che è insieme il capo del clan dominante e il capo degli sciamani e rappresenta la suprema autorità religiosa, politica e militare. Egli costituisce il vertice di una nobiltà militare ed è coadiuvato da una classe sacerdotale istruita, cui è delegata la responsabilità dell’amministrazione e della divinazione. Il re è subordinato al dio supremo (Di o Shangdi) e a lui si rivolge in tutti i momenti importanti per la comunità, per ottenerne la benevolenza, e lo fa per mezzo di riti e sacrifici rivolti agli antenati del re, i quali fungono da intermediari fra gi uomini e la divinità. Il re esercita il potere sovrano perché ne ha ricevuto il mandato divino (tianming). Per governare il proprio regno, egli crea una gerarchia di vassalli e un sistema sociale di tipo feudale. Il potere dell’imperatore è ancora relativamente debole e, tuttavia, sufficiente a consentire un grado di civiltà tale da far sì che i cinesi tendano a guardare con sufficienza e disprezzo gli stranieri, che vengono considerati barbari.
I Shang vengono abbattuti dai loro vassalli Chou, che fondano una nuova dinastia (1027-222 a.C.), la cui storia è segnata da alterne vicende, in cui prevale ora il potere centrale ora quello dei vassalli, che, aspirando all’autonomia, cospirano contro l’impero e lo indeboliscono. In una prima fase, durata tre secoli, i Chou controllano agevolmente un’ottantina di vassalli, con la maggior parte dei quali sono imparentati. In questo periodo aumenta la divisione del lavoro e la stratificazione sociale, migliorano le tecniche agricole e la ricchezza prodotta è tale da rappresentare una succulenta attrattiva per le popolazioni nomadi del deserto e della steppa, che perpetrano frequenti razzie. Allo scopo di porre uno stop alle loro incursioni vengono iniziati i lavori per la costruzione di opere di difesa. Intorno al 700, inizia un periodo di debolezza dei Chou, che è caratterizzato dalla quadruplicazione del numero dei vassalli e dall’aumento della loro riottosità e litigiosità, che porta a due secoli di guerre incessanti. Si tratta essenzialmente di guerre fra nobili famiglie, che combattono su carri, la sola classe sociale esistente oltre a quella dei contadini, che non partecipano alla guerra. La terra è del re e i contadini la lavorano per lui, trattenendo per sé solo lo stretto necessario per la sussistenza. I contadini “appartengono alla terra che coltivano e vengono trasmessi insieme ad essa, senza che possano mai possederla” (AYMARD, AUBOYER 1955: 523). La terra viene trasmessa in eredità dal padre al figlio primogenito della moglie legittima. I signori hanno un lignaggio e un clan d’appartenenza, mentre i contadini vivono in un anonimato indifferenziato. Al vertice di questo sistema sociale c’è sempre il dio del cielo, padre di tutti gli dèi, che vive in un palazzo dell’Orsa Maggiore e, per mezzo di intermediati, controlla e governa ogni cosa. Al fondo della scala sociale si collocano gli schiavi, che sono in prevalenza prigionieri di guerra. Alcuni signori riescono a trasformare i propri Stati in ben organizzate strutture di potere, non più fondate sulla parentela.
Seguono due secoli di instabilità e insicurezza generali. È in questo periodo che predicano Confucio e Mencio (VI sec. a.C.). Confucio è un funzionario imperiale appartenente alla piccola nobiltà dello stato di Lu, che si impone come maestro itinerante e dispensa insegnamenti e consigli ai vari signori feudali, allo scopo di ridare prestigio al governo imperiale. Egli vuole restaurare il vecchio ordine sociale e ricondurre la Cina alla prosperità perduta e, a tal fine, sostiene la necessità di recuperare i valori del passato e della tradizione, che disegnano un modello rigidamente gerarchico della famiglia, della società e dello Stato . Confucio non è un religioso e non è interessato né a creare una dottrina religiosa o una chiesa, né all’aldilà: per lui lo scopo primario di ogni uomo è quello di vivere felicemente su questa terra. Alla fine, il confucianesimo si riduce ad una sorta di etica sociale poco strutturata, priva di dogmi ed essenzialmente basata sul rito, e quindi adatta a convivere con altre religioni. Il confucianesimo predica anche il rispetto delle autorità costituite e delle gerarchie sociali. Perciò esso si rivela funzionale al potere politico e viene elevato a religione di Stato.
Accanto al confucianesimo si sviluppano in Cina altre religioni, in grado di rispondere meglio alle esigenze di tipo spirituale delle popolazioni, come il Taoismo e lo stesso Buddhismo.

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