sabato 5 settembre 2009

5. Medi e Persiani

Durante l’Età dei Metalli, l’altopiano iranico è abitato da numerose tribù nomadi, tra le quali si distinguono, per potenza, organizzazione e grandezza, quelle dei Medi e dei Parsi (o Persiani). I Medi sono insediati a sud del Mar Caspio e confinano ad ovest con l’Assiria e Babilonia, a sud con la Persia e la Susiana e ad est con la Partia, popolazioni con le quali devono misurarsi e competere. Sono i continui scontri a motivare i Medi ad unirsi fra loro sotto un solo re. Secondo Erodoto, è Deioce a realizzare questa unità, da cui prenderà origine il grande regno della Media, che ha per capitale Ecbatana (VII sec.). Quando Ciassare I, insieme agli alleati babilonesi, abbatte la potenza assira (612), la Media è all’apice della sua potenza.
Inizialmente controllate dai Medi, anche le tribù dei Persiani avvertono la necessità di rafforzarsi e anch’essi si uniscono, temporaneamente, sotto Achemenes, un capoclan, fondatore della dinastia degli Achemenidi (VII sec.), ma ben presto le diverse tribù riacquistano la loro indipendenza. Qualche tempo dopo, ci riprova un altro capoclan, Ciro il Grande (559-529), che, dopo aver combattuto vittoriosamente contro il re dei Medi Astiage (550), si fa proclamare re dei Medi e dei Persiani. Creso, affermato re della Lidia e alleato di Astiage, non può tollerare l’affronto di quel giovane condottiero che, provenendo dal nulla, insidia il suo potere, e avanza in armi, ma viene sconfitto (546). Caduta la Lidia, anche le città greche della Ionia si sottomettono. Poi è la volta di Babilonia, che si arrende quasi senza combattere (539). In poco più di dieci anni Ciro è riuscito a trasformare l’umile Persia in un vasto impero, che comprende innumerevoli popolazioni, tra loro assai diverse, che sono tenute insieme da un imponente apparato amministrativo, da una lingua comune, dalla diffusione dell’uso della moneta, dalla unificazione di pesi e misure, e, dunque, può essere considerato il “primo impero universale” (PETTINATO 1994b: 213).
L’impero persiano è suddiviso in province o satrapie, che sono affidate al controllo di governatori o satrapi, i quali formano una vera e propria aristocrazia guerriera, che affianca il re nel governo del paese. Il re è un sovrano assoluto divinizzato, che trae il suo potere direttamente dal dio Mazda e lo esercita per mezzo dei satrapi, che egli provvede a controllare per mezzo di propri funzionari, che hanno anche il compito di riscuotere i tributi. Le volontà del re, che sono legge, viaggiano a dorso di corrieri, che vengono cambiati in una serie di alberghi e scuderie dislocate lunga una rete viaria di discreta fattura. Di solito il re interviene nelle questioni di particolare importanza, mentre per tutto il resto lascia ampio spazio ai signori locali. La legge viene fatta rispettare con la forza e la forza è rappresentata dall’esercito, il cui nerbo è costituito dagli stessi Persiani, ossia dai conquistatori, i quali formano un corpo scelto dei diecimila “immortali”. Grazie anche ai bottini di guerra e ai tributi imposti alle popolazioni sottomesse, i re persiani accumulano ricchezze favolose, ma le ricchezze, come si sa, non danno pace e la vita di corte è segnata da intrighi e trame di ogni tipo, da cui lo stesso re deve guardarsi, mentre il paese è scosso da continue lotte dinastiche. La politica dei re persiani si caratterizza per la sua tolleranza, anche in campo religioso, così che le popolazioni assoggettate sono lasciate libere di mantenere i loro costumi e le loro fedi. Sotto il profilo filosofico-religioso, l’apporto originale dei pensatori persiani può essere individuato nel dualismo espresso dalla religione di Zoroastro o Zaratustra (VII-VI sec.).
Nel complesso, l’impero persiano è ben organizzato e, per di più, può contare su una solida legittimazione del re, che ricorda quella del faraone: sono le premesse di un sistema politico stabile e longevo, che difficilmente può implodere per cause interne, come congiure di palazzo o lotte dinastiche. L’impero persiano, come quello egizio, potrà crollare solo se attaccato da nemici esterni.

5.1. Zoroastrismo (o Mazdaismo)
In un periodo non ben precisato (probabilmente tra VII e VI sec. a.C., o forse anche prima), un certo Zarathustra (i greci lo chiameranno Zoroastro) fonda una religione, che sarà la più diffusa in Persia dall’età degli Achemenidi e fino alla conquista araba, e i cui sacerdoti, conosciuti dai greci col nome di Magi, diventeranno famosi perché di essi si farà menzione nei Vangeli cristiani. Zarathustra ritiene di essere stato eletto da Mazda come suo profeta e inviato a predicare ciò che il dio gli ha rivelato, in un periodo in cui il Male sembra prendere il sopravvento e la gente rischia di allontanarsi dalla vera fede. Lo zoroastrismo riconosce Mazda come creatore e unico dio (perciò è anche detto Mazdaismo), e, anche se ammette due princìpi indipendenti del mondo, uno del bene e uno del male, entrambi primordiali (il che indurrà molti ad indicarlo come una dottrina dualista), in realtà si tratta di una dottrina monoteista, dal momento che prevede, alla fine dei tempi, l’avvento di un Salvatore, che determinerà la sconfitta del dio del male e il trionfo eterno dell’unico dio (ROMANO 1998: 46). Dopo la morte, l’uomo, che è stato creato responsabile, ossia libero di scegliere fra bene e male, sarà giudicato in base alle proprie azioni e un secondo giudizio avverrà alla fine dei tempi, quando anche i corpi risorgeranno . Tutti sono chiamati a convertirsi e a prepararsi al giorno del Giudizio finale e Zarathustra è il modello da seguire. Proclamato religione di Stato dal re persiano Ciro II nel 549, il mazdaismo, a differenza del cristianesimo, si dimostra tollerante e “lascia in pace tutte le altre religioni” (ROMANO 1998: 99).

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