sabato 5 settembre 2009

2. Arabi

Gli arabi costituiscono una delle numerose popolazioni nomadi, che affollano la Mezzaluna Fertile. Insediati in un paese povero di risorse, le popolazioni arabe, sin da quando possono muoversi a dorso di cammello , devono cercare altrove i beni di cui sono carenti, con incursioni nei paesi limitrofi. Si sa che una di queste viene respinta dagli assiri (VIII secolo). Per quel che sappiamo, la prima attestazione del termine «Arabi» (che significa “nomadi, beduini, abitanti del deserto”) risale ad un testo del re assiro Salmamassar III (858-824), il quale menziona una sua vittoria su una coalizione in cui è presente anche un contingente di cammellieri arabi (GUARDI 1997: 3-4). Di arabi si parla anche in Genesi (10, 24-25; 25, 1-4) e in Geremia (25, 24). Gli arabi abitano nella penisola omonima, dove non mancano realtà cittadine ben organizzate, e si caratterizzano per un’economia legata principalmente all’allevamento dei dromedari.
Il loro ingresso nella storia avviene intorno al XII-XI secolo, quando, grazie all’introduzione di una particolare sella, che comporta una migliore stabilità del cammelliere, oltre ad una migliore distribuzione dei pesi sul dorso del dromedario e una maggiore agilità e velocità nei movimenti, essi cominciano ad impegnarsi in attività di razzie o di guerra, fino ad assumere un rilevante peso politico e rivaleggiare con le città. Queste antiche popolazioni tribali si organizzano in dominî, sotto la guida di un capo, detto sayh –sceicco, anziano saggio–, che viene eletto, fra gli anziani, in base alle sue qualità e alle necessità del momento (GUARDI 1997: 6).
Ogni tribù adora proprie divinità tutelari, ma esistono anche divinità comuni, i cui santuari, molto rudimentali (poco più che un ammasso di pietre), disseminati qua e là nel vasto territorio calpestato dai beduini, costituiscono luoghi di culto e di sacrifici per diverse tribù (GUARDI 1997: 9), e rappresentano, insieme alla lingua, un potente elemento di coesione, che diventa decisivo in caso di difficoltà interne o di minacce esterne.

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