sabato 5 settembre 2009

8. Indiani

Durante l’Età dei Metalli, l’India è disseminata di villaggi, dominî, città e i regni, che sorgono soprattutto nelle valli dei fiumi Indo e Gange.
La prima significativa forma di civiltà indiana è quella harappiana, che si sviluppa nella valle dell’Indo intorno al XXV sec. a.C., e la cui principale caratteristica è quella di non presentare il passaggio dal clan alla tribù. Così, anche le società urbane sono formate da un elevato numero di clan che convivono fianco a fianco e che riconoscono una figura di capo comune, non si sa se eletto o sorteggiato fra tutti i capiclan, il cui compito è sostanzialmente quello di amministrare il surplus e di curarne la redistribuzione, specie nei momenti di crisi. Il fatto che non sono stati ritrovati simboli di potere sta a significare che questo capo non è paragonabile ad un re sumero e tanto meno ad un faraone: deve trattarsi di poco più di un semplice amministratore, la cui carica è personale e non può essere trasmessa ai figli. L’assemblea del popolo partecipa al governo e il suo potere bilancia quello del sacerdote e del re. Non ci sono dunque dinastie, né palazzi. Si ignora anche la scrittura. La cellula sociale fondamentale è la famiglia, che “è posta sotto l’autorità del padrone di casa, che ha il diritto di punire i figli e decide dei loro matrimoni” (AYMARD, AUBOYER 1955: 500).
Questa civiltà si dissolve dopo mezzo millennio, per cause che rimangono oscure, e lascia una situazione di vuoto politico, dove, fra i pochi eventi degni di nota, è da ricordare la costituzione di piccole repubbliche e piccoli regni disuniti e fragili. Intorno a 3500 anni fa, gli Arii, delle tribù indoeuropee, possono avanzare nella penisola e imporsi sulle popolazioni autoctone, fondando una confederazione di regni. I vincitori, volendo conservare la loro purezza razziale, gettano le basi del sistema delle caste, che verrà teorizzato e legittimato dalla religione vedica, che è, per lo più, trasmessa oralmente. La civiltà vedica è in prevalenza agricola, mentre il commercio e l’artigianato è poco sviluppato. Le figure di maggiore spicco sono i sacerdoti e i guerrieri. La guerra è una primaria fonte di ricchezza, in quanto fornisce terre e schiavi.
Per molto tempo le popolazioni indiane rimangono relativamente isolate, grazie alla protezione offerta dalla catena dell’Himalaia. Questa condizione cessa con l’invasione del re persiano Ciro (530 a.C.), che riporta l’India nel contesto internazionale.
I principali avvenimenti della storia indiana si svolgono sul piano religioso. La più antica religione è l’induismo, che traspare nei Veda (1500-1300 a.C.), nei Brahamana (XI-VII sec.) e nelle Upanishad (dall’VIII-IV sec.). Seguono la predicazione del Buddha (560-480), fondatore del buddismo, e quella del Mahavira (560-468), fondatore del giainismo.

8.1. Religioni dell’India
Gli Indiani hanno una concezione ciclica della vita, che è concepita come sofferenza e il cui scopo è quello di superare il ciclo delle rinascite ed entrare in una nuova dimensione dell’esistenza, dove la sofferenza non esiste. Le principali religioni dell’India sono l’induismo e il buddismo.
L’Induismo è una religione non strutturata, priva di gerarchia e priva di dogmi, “al punto che un induista può abbracciare un’altra religione senza cessare di essere induista” (ABDALLAH, SORGO 2001: 54). Si distinguono tre fasi di sviluppo di questa religione: il periodo vedico, che è caratterizzato dalla scrittura dei Veda (1500-800 a.C.); il Bramanesimo (800-400 a.C.) e l’Induismo vero e proprio, con le sue diramazioni (Tantrismo, Sikhismo, Giainismo). I Veda (conoscenza, sapienza) sono raccolte di inni sacri da recitare o cantare durante i riti sotto la guida di un sacerdote, l’unico che ne conosce il significato profondo. La loro stesura inizia intorno al 1000 a.C., in un’epoca in cui avviene il passaggio da società di tipo tribale a società più vaste e strutturate, i regni. I Veda vengono composti all’interno del tempio e costituiscono il prodotto delle classi dominanti, che se ne servono anche per controllare una popolazione numerosa ed eterogenea. La religione vedica è interamente rituale e sociale, e ignora la dimensione soggettiva della fede. Il Bramanesimo non è solo una religione, ma anche e soprattutto uno stile vita, del tutto inseparabile dal contesto sociale, da cui origina il sistema delle caste, che suddivide la società in quattro principali categorie di persone: i bramini o sacerdoti, che occupano il gradino più alto, seguiti dai guerrieri, dai contadini e artigiani e, infine, dai servi, che sono considerati impuri. Esclusi dalle caste ci sono poi i cosiddetti «intoccabili», che occupano il livello infimo della gerarchia sociale.
Il Buddhismo origina dalla dottrina del Buddha e si può riassumere nelle seguenti quattro nobili verità: I) la vita è fatta di dolore; II) la causa del dolore è l’attaccamento alle cose materiali e alle passioni; III) liberarsi dal dolore è possibile; IV) per estinguere il dolore occorre seguire il nobile ottuplice sentiero: 1. retta opinione (comprendere che l’io è un’illusione); 2. retta risoluzione (rinunciare al mondo); 3. retto parlare (dire la verità); 4. retto agire (non uccidere, non rubare, non eccedere con sesso, non mentire, non fare uso di sostanze inebrianti); 5. retto modo di sostentarsi (procurarsi da vivere lavorando in modo da non gravare sugli altri); 6. retto sforzo (evitare i pensieri malvagi); 7. retta concentrazione (per esempio, praticando yoga); 8. retta meditazione (praticare i quattro gradi dell’estasi in modo da ascendere gradualmente verso il nirvana). In pratica il buddhismo consiste in una serie norme etiche per il buon vivere civile, come quelle di non danneggiare né se stessi, né gli altri, né gli animali, né le piante, né l’ambiente in generale.

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